Nel corso degli anni 2000 l’ #e-commerce ha conosciuto un’espansione sempre maggiore, crescendo esponenzialmente nonostante il PIL del Paese continui a decrescere.
Analizzando i trend degli ultimi anni, si può notare che nel 2014 l’e-commerce italiano ha visto una crescita dell’8% rispetto all’anno precedente; numeri notevoli per il nostro Paese ma ancora insufficienti rispetto a mercati come quello inglese, tedesco o francese, anche considerando che nel corso del 2015 la crescita globale dell’e-commerce si è attestata intorno al 19%. La trasformazione cui si sta assistendo nel mercato web italiano è dovuta in gran parte ai rivenditori stranieri, i quali competono fortemente soprattutto nei settori dell’elettronica e dell’editoria; una competizione forte che i rivenditori italiani non sono, per la maggioranza, in grado di contrastare.
La presenza dei marketplace stranieri nel mercato dell’e-commerce italiano spinge sempre più gli esercenti a cercare soluzioni per espandere le proprie vendite, anche nei mercati esteri. Per quanro riguarda invece il mercato italiano, nel corso degli anni 2015-2016 si assisterà sempre di più a modelli logistici d’importazione per ricevere i propri acquisti in tempo quasi reale, una sperimentazione già avviata nelle maggiori città italiane.
Nell’anno 2015 l’e-commerce italiano ha raddoppiato la propria crescita, rispetto all’anno precedente, raggiungendo un fatturato di 29 miliardi di euro. Gran parte della crescita è da imputare ai marketplace stranieri tra i quali Amazon fa la parte del leone, grazie a trovate pubblicitarie efficaci e ai prezzi di spedizione contenuti; sono quindi i retailer esteri i principali responsabili dell’importante crescita del commercio online italiano, mentre al contrario alcuni grandi rivenditori italiani chiudono i propri negozi online o non sono in grado di sopportarne i costi di gestione. I motivi per cui gli esercenti stranieri hanno maggiore successo sui mercati e-commerce italiani sono diversi: innanzitutto per essi è meno complicato vendere la propria merce nei mercati esteri, anche grazie ad una serie di normative ad hoc e di agevolazioni fiscali; in secondo luogo, solo il 33% delle aziende italiane ha un proprio marketplace online e di conseguenza i rivenditori esteri inseriscono i loro prodotti in spazi di mercati rimasti liberi. Inoltre, le aziende italiane che possiedono uno store sul web hanno incrementato notevolmente le proprie vendite soprattutto all’estero, con percentuali elevate (circa il 40%).
Nel corso del 2016 si è calcolato che i settori che risentono di più dell’e-commerce sono l’elettronica di consumo (-4%), a causa della forte concorrenza dei mercati asiatici (in primis il mercato cinese) e l’editoria tradizionale, che però resiste registrando comunque un fatturato positivo, anche grazie alle cospicue vendite degli e-book. Dominano il settore turistico e il mercato della moda, quest’ultimo ancora debole in Italia, mentre in Europa ha ottenuto risultati eccellenti. Ruolo centrale ha naturalmente il mercato mobile sui #tablet e sugli #smartphone: la percentuale di fatturato ottenuto su tali strumenti è in continua crescita (solo nel 2015, ha rappresentano il 13% sul totale dei ricavati delle vendite sul web). Sempre più aziende infatti si sono rese conto dell’importanza di possedere una propria applicazione disponibile sugli store: tale consapevolezza ha generato notevoli investimenti per lo sviluppo di app tecnologiche per una moltitudine di piattaforme.
Aumenta sempre di più il budget riservato agli spazi pubblicitari per la promozione dell’e-commerce. Lo strumento più gettonato è il “keyword advertising” la cui gestione arriva a coprire il 30% del budget; i social network e i social media invece registrano un lieve decremento (del 3%) nel 2015 rispetto al 2014, quando il budget ad esso riservato per la promozione era del 15%. Tuttavia non diminuisce la fiducia delle aziende attive nell’e-commerce verso i social network come Facebook, Youtube e Twitter: il 69% delle aziende presenti sul web lo giudica utile ai fini della crescita economica.